Legge di stabilità, Petitti (Pd): Tutto da rifare, ma c'è tempo solo fino a domani
“Sugli enti locali la legge di stabilità così come licenziata dal governo avrebbe effetti devastanti, ponendo a carico di essi il 75% circa dei tagli”. L’allarme, in vista della death line di domani (ultimo giorno per presentare eventuali emendamenti), arriva anche dal segretario provinciale del Pd Emma Pettitti. Già ieri ad alzare la voce sono state da Cesena le coop romagnole che hanno affidato ai parlamentari locali le loro obiezioni.
“Servono dei correttivi forti su imu, spending review e patto di stabilità, perché se si danneggiano i nostri Comuni si rischia di fare danni alle comunità. Su questi punti continuerà il nostro impegno insieme ai nostri amministratori”.
Le criticità della legge sono più di una, a partire dalla spending review con “l’ulteriore taglio di due miliardi di euro per il 2013, che si aggiunge ai 500 milioni dello scorso agosto” e che “rischia di portare i Comuni in dissesto preventivo, mettendo i sindaci nelle condizioni di poter assicurare i soli servizi fondamentali (come l'anagrafe) e restituire allo Stato tutto il resto, nell'attesa inoltre di sapere quali competenze saranno trasferite in seguito al riordino delle province”.
Secondo il segretario Petitti esistono dei punti su cui si potrebbe agire per ingentilire la legge e superare il patto di stabilità, quello cioè che “lo Stato centrale” usa “solamente per scaricare in periferia gli oneri del trattato di Maastricht”. “Anche a beneficio del tessuto delle nostre piccole medie imprese locali, serve una moratoria di almeno due anni sul patto di stabilità, o, in alternativa, l'esclusione delle spese sostenute dagli enti locali per manutenzione e messa in sicurezza del patrimonio esistente, comprese le strade”.
Anche su imu e federalismo fiscale c’è da “compiere in senso definitivo” la riforma. “I nostri sindaci devono essere messi in condizione di modulare totalmente ed in autonomia la tassazione sugli immobili”.
Farebbe bene lo stato, inoltre, a introdurre “sia meccanismi di penalizzazione per enti ed amministratori non virtuosi, sia automatismi premiali per chi governa con rettitudine e morigeratezza gli enti locali e le comunità”. E, infine, meno regole perché i sindaci hanno “bisogno di poche regole chiare ed obiettivi da rispettare e raggiungere come meglio credono. Altrimenti possiamo dire addio alle autonomie locali, e tornare a forme di vassallaggio dal sapore molto più medioevale”.